La Francia è più amica, ma prosegue il  piano di conquista dell’Italia

 

Di Carlo Pelanda (1-2-2005)

 

 

I risultati del vertice bilaterale tra Francia ed Italia del 25 gennaio presentano luci ed ombre. Le prime riguardano un riavvicinamento tra i due Paesi dopo un triennio di vera e propria guerra economica e aperta divergenza geopolitica. Tale nuova convergenza è indubbiamente sensata in base agli interessi nazionali di ambedue. L’Europa non diventerà un’Unione, ma resterà un’alleanza tra nazioni. Che dovrà strutturarsi per permetterne la governabilità. Lo scenario più probabile è che si formeranno tre livelli:  un nucleo di comando dell’eurozona, una seconda Europa di Stati non-euro, un terza di futuri inclusi e associati. I pensatoi governativi francesi e tedeschi hanno valutato che senza l’Italia non sarà possibile rendere solido il primo livello. E la Spagna non basterebbe a sostituirne l’assenza. Quindi il nuovo interesse francese è quello di imbarcare Roma. Per altro, l’Italia ha lo stesso interesse. Anche perché gli Stati Uniti stanno cercando una maggiore convergenza con Parigi e Berlino e l’Italia rischierebbe di non essere più sostenuta da questi, e da Londra,  nella politica di bilanciamento del potere franco-tedesco. In particolare, Washington ha interesse che Roma sia parte del nucleo di comando dell’eurozona per aumentare le chance di convergenza. In questo nuovo scenario il governo italiano ha agito con perfetti tempismo e capacità diplomatica. Ma ci sono delle ombre  sulla parte della relazione bilaterale che riguarda i giochi di potenza intraeuropei sul piano della geopolitica economica. La Francia, dai primi anni ’90, ha l’interesse prioritario di conquistare l’industria degli armamenti, energetica ed il sistema bancario italiani allo scopo di bilanciare e superare il potere economico tedesco. E grazie a questo dominare le regole del mercato europeo e trattare alla pari, globalmente, con gli Usa.  Per  conquistare l’Italia Parigi ha  investito per anni enormi risorse in termini di reclutamento di èlite politiche, del sistema finanziario, di dirigenti industriali e di fonti di opinione. Recentemente ha intensificato tale azione nonché l’attivismo della storica loggia di riferimento torinese-francese. Avendo visto quanti pre-accordi industriali siano stati impostati nel vertice bilaterale, questa rubrica ritiene di tutelare l’interesse nazionale italiano avvertendo i pochi che nel governo e dintorni non sono stati ancora raggiunti dall’influenza francese che sarebbe opportuno fare un doppio controllo sui singoli business in modo da separare quelli realmente  vantaggiosi da altri che travestono il tentativo di influenza francese con danno prospettico per l’Italia.  

Carlo Pelanda